
L’aliquota che le imprese dovranno pagare non è ancora certa. Ma sarà più alta rispetto a quella al 2,5% dello Scudo fiscale del 2002. Ma quella fu un’occasione unica per chi aveva nascosto al fisco grandi tesori e all’improvviso riuscì a mettersi in regola senza temere nulla e pagando pochissimo. Questa volta si parla di un’aliquota che potrebbe andare dal 4 all’8% ma non ci sarà nemmeno un centesimo di sanzione per aver evaso le tasse. D’altronde l’Italia è il paese in cui si premia chi bara piuttosto che chi rispetta le regole. Nel 2002 lo Scudo fiscale ebbe un discreto successo: emersero 73,1 miliardi, ne rientrarono 43 e quasi 30 furono regolarizzati all’estero.
In fin dei conti converrebbe a chiunque: far tornare in patria i soldi guadagnati in modo pseudo illecito, mettersi a posto con la coscienza, non temere più alcun controllo e incursione della Guardia di Finanza, insomma essere trattati con i guanti di velluto come se nulla fosse successo.
Il nostro, quindi, è un Paese da cui fuggono all’estero non solo i cervelli ma anche i capitali. Ce ne sono per 550 miliardi di euro, usciti illegalmente per sfuggire all’attenzione del fisco o per nascondere il frutto della corruzione e di attività criminali. Di questi, 300 sarebbero in Svizzera, 100 in Lussembrugo, una quarantina a Montecarlo e gli altri sparsi.
Il dato diventa poi decisamente allarmante se, come fa ‘La Repubblica’ si analizza la dimensione del fenomeno. Dalle nostre parti, infatti, i capitali esportati illegalmente rispetto agli altri paesi sono molti di più se confrontati con la nostra economia. I nostri “550 miliardi di euro esportati sono quasi il 10% del totale stimato, contro una economia che conta circa il 3% del pil planetario”.
Possono sembrare un po’ troppi, ma al Fisco servono questi soldi. Ed è molto più semplice farli rientrare dall’estero, quasi premiando chi ha evaso, piuttosto che far pagare le tasse. A tutti. Sempre.
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Marianna Lepore
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